KATIA TRIFIRO'

«Non aveva bisogno nemmeno della voce»: Anna Magnani tra La lupa e Medea


Il ritorno al teatro di prosa, dopo venticinque anni di assenza dal palcoscenico, si compie per Anna Magnani nel 1965 con la scelta di un’opera – e di una parte – che le appaiono congeniali: dopo aver rifiutato di recitare in Chi ha paura di Virgina Woolf?, come le propone Franco Zeffirelli, accetta dal regista – non senza timore ma con desiderio – l’invito ad indossare i panni tragici della Lupa, che debutta al teatro della Pergola durante il Maggio Fiorentino iniziando, da qui, una fortunata tournée internazionale e decretando per l’attrice uno straordinario successo personale. L’anno successivo, diretta da Giancarlo Menotti, porta in scena insieme alla compagnia appositamente formata per lei Medea di Jean Anouilh, animando il personaggio grandioso e terribile scolpito dal drammaturgo francese con quella stessa tensione cupamente passionale e violenta che caratterizza l’interpretazione della protagonista verghiana. A partire da queste due opere, e da queste due figure femminili irregolari, contrapposte sul piano letterario ma unite dalla comune appartenenza ad un milieu infero e tenebroso, il contributo intende indagare la dimensione specificamente scenica della poetica attoriale di Anna Magnani, ricercandone le peculiarità tecniche ed espressive anche in relazione alle altre componenti della performance e proponendo un confronto con gli stili recitativi che, al cinema, hanno contribuito a definirne l’icona. Ad emergere è innanzitutto l’efficacia di una modalità interpretativa fondata sulla assoluta centralità della sapienza del corpo, come rilevano nelle cronache teatrali del tempo i critici più accorti e come racconta in una testimonianza video uno spettatore d’eccezione quale Eduardo De Filippo («Ed io glielo dissi pure: Anna, che te ne importa della voce? Tu parli con le mani!»). Infine, si potrà verificare il profondo e originario legame che ha prepotentemente connesso la vicenda umana e artistica di Anna Magnani al mondo del teatro, del quale l’attrice non ha mai smesso di sentirsi parte.


BIO:

Katia Trifirò (1983) collabora con l’Università di Messina, dove nel 2011 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca. È stata docente a contratto di Drammaturgia e Scrittura Scenica. Ha pubblicato un volume sull’intera opera di Beniamino Joppolo (“Dal Futurismo all’assurdo. L’arte totale di Beniamino Joppolo”, Le Lettere, 2012). Si occupa prevalentemente di drammaturgia italiana contemporanea e di performance studies. Sta lavorando attualmente ai testi teatrali di J. Rodolfo Wilcock.